<DOCUMENTI CONSIGLIO 2006>

LAVORI PUBBLICI E MINIMI TARIFFARI: IL PARERE DELL'ORDINE

Negli ultimi anni, accese dispute ed interpretazioni discordanti hanno innalzato a "codice rosso" il livello di attenzione da porre al momento della valutazione dei corrispettivi professionali da richiedere ai committenti. Il Decreto Bersani e la recente ordinanza della Corte Costituzionale n. 352/2006, in merito alla applicazione del contenuto del Decreto Ministeriale 4.4.2001 "adattato" alla legge-quadro sui lavori pubblici n. 109/1994 e s.m.i., hanno certamente portato ulteriore confusione nella materia.

Le continue variazioni interpretative che si susseguono intorno alla tariffa professionale, se da un lato aumentano le incertezze degli operatori che, pur in posizioni diverse, devono confrontarsi con la quantificazione dei corrispettivi inerenti le prestazioni professionali, dall'altro sembrano riaffermare la assoluta centralità ed attualità del citato D. M. 4.4.2001 (la Tariffa professionale).

Paradossalmente, infatti, se da un lato il Decreto Bersani afferma inizialmente che "...dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogate le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono con riferimento alle attività libero professionali ed intellettuali ...l'obbligatorietà di tariffe fisse o minime ovvero il divieto di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti..."; poco più avanti afferma che "...nelle procedure a evidenza pubblica, le stazioni appaltanti possono utilizzare le tariffe, ove motivatamente ritenute adeguate, quale criterio o base di riferimento per la determinazione dei compensi per attività professionali...". Tale criterio è stato ribadito appunto, pur in diverso contesto, dalla ordinanza della Corte Costituzionale, nella quale si afferma il principio che le tabelle allegate al Decreto Ministeriale costituiscono parametro di riferimento in materia tariffaria per l'affidamento di incarichi progettuali riguardanti l'esecuzione di lavori pubblici.

Ancora una volta, quindi, sembrerebbe ribadita la centralità delle tariffe professionali nella valutazione dei corrispettivi inerenti le prestazioni svolte dagli architetti per lavori pubblici. Ciononostante, poiché l'Ordinanza si riferisce a questione posta prima della modifica legislativa introdotta dal Decreto Bersani, si può ritenere che quest'ultimo abbia effettivamente abrogato la natura vincolante dei minimi tariffari come previsti dal D. M. 4.4.2001. I criteri che li ispirano potranno pertanto essere semplice riferimento, ma non vincolo rigido, per la determinazione dei compensi professionali. E questa è l'opinione che, sul tema, esprime il Consiglio del l'Ordine degli Architetti PPC di Torino.

A sostegno, si riporta di seguito il documento completo prodotto dal consulente legale dell'OAT avv. Giancarlo Faletti ed approvato dal Consiglio OAT, sull'interpretazione da dare dell'Ordinanza n. 352/2006 della Corte Costituzionale alla luce dei disposti del Decreto Bersani.

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Il presidente OAT
Riccardo Bedrone

24/11/06


CONCORSO PIAZZALE VALDO FUSI

Lettera OAT a Ferruccio de Bortoli, Direttore de Il Sole 24 ore
                    Riccardo Chiaberge, Responsabile inserto “Domenica”
                    Sergio Chiamparino, Sindaco di Torino

Gentili Signori,
leggiamo l’articolo di Carlo Ratti sul caso di Piazzale Valdo Fusi a Torino, pubblicato sull’inserto domenicale dell’8 ottobre. Leggiamo e siamo sorpresi nell’apprendere che l’operazione sulla piazza tanto criticata dai torinesi sarebbe un esempio positivo di chiamata a raccolta "della società civile per contribuire alle scelte urbanistiche di una città"! Un concorso aperto a pochi illustri invitati, votato (in percentuale risibile) dal pubblico con un voto su un sito web, promosso da un Comitato assai ristretto, sarebbe un esempio virtuoso, quasi a livello – sostiene l’autore – delle grandi campagne anglosassoni? Non ci pare. Il punto di vista dell’Ordine Architetti di Torino è assai diverso, come il Comitato Valdo Fusi già sa. Ma vogliamo raccontarlo anche a Voi, al Sindaco di Torino e ai lettori de Il Sole.
Il Comitato Valdo Fusi ha avviato un dibattito critico sui lavori in corso in piazzale Valdo Fusi, sull’onda di una precipitosa campagna stampa che già condannava l’esito dell’operazione, nonostante i lavori non fossero ancora nemmeno terminati. Naturalmente non è in discussione il legittimo diritto di critica, ma certo andrebbe esercitato nei tempi opportuni. Molti esempi, non solo italiani, di opere estremamente criticate durante la loro realizzazione sono state successivamente comprese e nei fatti pienamente accettate per il loro utilizzo quotidiano: anche se questo non fosse il caso di piazzale Valdo Fusi, è per lo meno opportuno concedere la prova del tempo.
La sistemazione di piazzale Valdo Fusi è frutto di un concorso e quindi di un processo condiviso a più livelli. Se un concorso di progettazione ha regolare svolgimento i risultati sono da salvaguardare nel rispetto del progetto, dell’opera dei progettisti, della commissione giudicatrice. I risultati vanno salvaguardati anche nell’interesse dell’Amministrazione che lo ha bandito e della collettività che ha sostenuto i costi per la realizzazione dell’opera. Vi è infine il diritto del gruppo dei progettisti vincitori di vedere realizzata l’opera progettata e premiata dagli esiti di un concorso regolare.
Altro aspetto da considerare con attenzione è quello della spesa: realizzare un’opera con denaro della collettività e immediatamente progettarne il rifacimento è senza dubbio uno spreco. È ben vero che il concorso di ri-progettazione proposto dal Comitato è "bandito con sponsor privati e grazie ai fondi raccolti con sottoscrizione pubblica", ma i costi di un’eventuale risistemazione saranno inevitabilmente a carico di GTT e dell’Amministrazione comunale torinese.
Grande perplessità desta, poi, l’estensione dell’oggetto del concorso: il Comitato, nato per dibattere sugli esiti della sistemazione di piazzale Valdo Fusi, ha ampliato il proprio raggio d’azione al sistema del verde nel centro storico “con particolare riferimento a piazzale Valdo Fusi, piazza Carlina e all’aiuola Balbo”. Si tratta di aree di grande valore storico e paesaggistico, sulle quali serve ben altra scala di interventi che quelli previsti per ripensare un parcheggio interrato e sulle quali - tra l’altro, ma è cosa non da poco - non sembra che sia stata interpellata la principale istituzione di tutela, la Soprintendenza regionale ai Beni architettonici e al Paesaggio.
La priorità di questo intervento rispetto ad altri luoghi cittadini, centrali o periferici con reale urgenza di essere riqualificati o - finalmente – qualificati, è quantomeno discutibile. La riflessione andrebbe senz’altro condotta dall’Amministrazione e non lasciata alle pur volenterose intenzioni di un comitato spontaneo.Un’ultima considerazione sul tipo di concorso scelto. L’unico tipo di concorso che può realmente apportare idee progettuali innovative e che permette una partecipazione allargata e democratica è il concorso aperto: un (ennesimo) concorso ad inviti non appare strumento idoneo, in questo caso, a migliorare la qualità urbana dell’area.

Cordialmente

Riccardo Bedrone
Presidente


13/10/06

IL PARERE DEL CONSIGLIO DELL'ORDINE DEGLI ARCHITETTI PPC DI TORINO
SUL DECRETO BERSANI

Il decreto Bersani rivela ancora una volta la gran confusione che regna tra le forze politiche al governo in materia di concorrenza per le attività economiche, perché mette insieme ingiustificatamente servizi e professioni, beni materiali e prodotti intellettuali. Vi sono certamente settori che hanno bisogno di liberalizzazione, anche tra le professioni, ma occorre distinguerli e non accomunarli in provvedimenti che mirano indiscriminatamente a privilegiare solo il costo più basso.

Con riferimento alle libere professioni, i vantaggi del compratore saranno quasi esclusivamente di natura economica: risparmiare sulle prestazioni richieste. Ma se chi si rivolge ad un professionista vuole anche avere la certezza della qualità, dovrà ricredersi. Non si può compare il vino al prezzo dell’acqua. Perché chi deve svolgere una prestazione non standardizzata, originale e non ripetitiva, quando offre ribassi crescenti tenderà anche a comprimere sempre più il tempo che ci dedica, e i risultati si vedranno presto, anzi si vedono già ora, dal momento che la concorrenza strisciante sugli onorari è da tempo in corso. E proprio con riferimento alle categorie professionali, il potersi fare concorrenza anche tramite la pubblicità sul costo delle prestazioni comporterà solo uno svilimento del lavoro intellettuale, senza tener conto che sarà difficile intervenire deontologicamente contro chi profferirà vanterie e non onorerà quanto promesso. Per i giovani, poi, tutto ciò segna definitivamente la scomparsa dal mercato. Costretti a scontrarsi implacabilmente a “colpi” di sconto, finiranno per elemosinare incarichi di nessun rilievo e che tutti gli altri avranno disdegnato, mentre i grandi studi (che paiono essere, per il governo, gli unici capaci di offrire grandi prestazioni) non avranno difficoltà a trovare accordi di “cartello”, potendo contare sulla loro forza economica, sulla loro fama, sul prestigio già conquistato, su una clientela che cercherà solo loro per le prestazioni di qualità.

Per valutarne le ripercussioni, occorre distinguere, sempre a proposito delle libere professioni, tra categorie e categorie. Dato per scontato che esistono privilegi a favore solo di pochissime di queste (il contingentamento degli accessi, oppure l’esclusiva su alcuni atti o prestazioni di nessuna rilevanza intellettuale, anche se necessitevoli di garanzia del prestatore), probabilmente da abolire, per le altre ci saranno conseguenze diverse. I medici e le professioni sanitarie probabilmente saranno indifferenti all’abolizione delle tariffe minime: chi mai si sognerebbe di discutere il prezzo della propria salute con chi deve occuparsene? Analogo ragionamento, anche se con qualche preoccupazione in meno, lo svolgerà chi ha bisogno di un avvocato: pagherà qualsiasi cifra chi è molto timoroso per la sua sorte, mentre per pratiche correnti si cercherà chi è disposto a lavorare per nulla. Ma, si badi bene: i grandi studi professionali, che la televisione americana ci mostra sempre vincenti, tendono ormai ad accaparrarsi tutto, semplicemente ridistribuendo i costi non più tariffati sulle prestazioni che svolgono con maggior remunerazione (e qui non ci saranno più limiti al rialzo). Le professioni inflazionate e non ritenute essenziali (e tra queste occorre purtroppo mettere gli architetti) vedranno invece scomparire la prestazione coscienziosa e decuplicare i contenziosi. Perché, tra l’altro, l’obbligo del risultato, unito al minor prezzo, produrrà infiniti scontenti tra i committenti e prestazioni rancorose e piene di insoddisfazione tra i progettisti.

Gli scioperi dei liberi professionisti, come forma di protesta, sono però improponibili. Perché rischiano di essere autolesionistici o di sortire l’effetto opposto, tenendo conto della disinformazione dell’opinione pubblica (e non solo) sui loro redditi, sulle loro difficoltà di lavorare, sul ruolo reale degli Ordini, che non è certamente quello di sindacati o corporazioni. Molto più efficaci saranno una campagna di stampa e la richiesta di confronti stringenti con il governo, ma non solo, perché molti di questi provvedimenti sono ispirati da altre categorie economiche (gli industriali, per esempio, abituati a concepire tutto in termini concorrenziali, senza alcuna distinzione). In ogni caso non è ormai possibile pensare di conservare ad oltranza le tariffe minime, quando in molti paesi europei queste sono state abolite o circoscritte a poche attività. Semmai, è opportuno abolirle per le prestazioni di routine (basti pensare allo svolgimento delle pratiche edilizie, che spesso rappresentano il lavoro non creativo, anche se sempre più impegnativo del progettista, e che possono semplicemente essere compensate a tempo ed a parte).

arch. Riccardo Bedrone
presidente dell'Ordine degli Architetti PPC di Torino

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07/07/06


OSSERVAZIONI ALLA VARIANTE 100 AL PRG DI TORINO
Adeguamento alla Circolare P.G.R. 7/LAP E AL P.A.I.

A seguito delle numerose segnalazioni di professionisti che operano nella Città e di valutazioni di carattere generale sulla classificazione e normativa che interessa gli interventi sul patrimonio esistente in aree soggette a cautela idrogeomorfologica, la Variante risulta solo formalmente adeguata alle prescrizioni generali derivanti dalle norme nazionali e regionali.
In realtà le indagini e le valutazioni (in particolare per il territorio collinare) hanno prodotto scelte di designazione del territorio e modalità di intervento che non sembrano rispondere a concrete condizioni di rischio e alle esigenze generali di interventi sull’esistente e dell’adeguamento alle esigenze abitative.
In sintesi, solo parzialmente per la parte piana, le valutazioni e le conseguenti normative di intervento, sembrano adeguate al contesto edificato e alle scelte pregresse di PRG, con possibili minimi correttivi per eliminare incongruenze e difficoltà in fase di applicazione della norma.
Per il territorio collinare (anche per esplicita dichiarazione sulle condizioni variabili del rischio) sembrano prevalere aspetti di carattere vincolistico estranei alle oggettive condizioni di pericolosità idrogeomorfologica, con il risultato che la classificazione generalizzata in Classe III di aree edificate e urbanizzate di fatto impedisce interventi e non risponde alle esigenze diffuse per rinnovare e migliorare il patrimonio esistente.

Si ritiene opportuno ridefinire le classificazioni e modificare le disposizioni di intervento per evitare difficoltà applicative, irregolarità interpretative e la concreta probabilità di contenzioso con aspetti di rilevanza penale anche per minimi interventi negli ambiti soggetti a tutela.

Per la fase di adozione de Progetto Definitivo della Variante n.100, si osserva quanto segue:

NORME GENERALI

Titolo 1
p.to 8)
E’ opportuno escludere dalla liberatoria anche gli interventi di restauro e risanamento.
La norma non è da applicare alla sottoclasse IIIb2b (P) (Vanchiglietta, Barca Bertolla, v.Ivrea).


p.to 9)
Lett. a) e b).
Si chiede di estendere al restauro e risanamento gli interventi ammessi, comprese le sostituzioni coperture.


p.to 14)
lett. b). Considerato il contesto edificato, si chiede di escludere dallo studio geologico e geotecnico anche gli interventi di manutenzione straordinaria e restauro e risanamento.


p.to 21)
E’ opportuno elevare l’altezza massima a m. 3,50


Titolo 1.1
p.ti 1-2)
E’ opportuno escludere dalle prescrizioni relative ai corsi d’acqua indicati in planimetrie, le aree ad elevata densità abitativa (IIIb2 (P) – IIIb2b (P).


p.ti 4-5)
Occorre escludere dalle prescrizioni di inedificabilità assoluta le aree urbanizzate ove insistono canali comunali o consortili coperti e intubati, indicati in planimetria e che hanno di fatto le caratteristiche di collettori fognari. In alternativa occorre definire meglio gli interventi ammessi su fabbricati esistenti.


p.to 8)
Sarebbe necessario individuare le fasce di rispetto in Cartografia di sintesi (Elaborato 3), per accertare i possibili interventi in ambiti edificati e non edificati ove insistono i canali.


Titolo 2 - PARTE PIANA della Città
p.to 12)
Sottoclasse IIIb 4(P).
Le aree di interesse ambientale delle sponde del Po sono erroneamente definite non inondabili.


p.ti 11 -15)
Classi IIIa – IIIa1 (P).
Sugli edifici esistenti e’ opportuno estendere gli interventi ammessi fino alla ristrutturazione edilizia.


p.to 22)
E’ opportuno definire con precisione gli interventi ammessi ad di sotto della quota di riferimento e comprendere gli spazi (eventualmente non chiusi) senza presenza continuativa di persone.

Cartografia parte piana.
Si rileva che le aree in sottoclasse IIIb2a(P) e IIIb2b(P) in Spina 3, comprendono anche la fascia edificata o edificabile in fregio a via Verolengo (edifici residenziali e centro diocesano) che si colloca ad altezza sensibilmente superiore e a livello del contesto urbano a nord in classe I (P) non soggetta a prescrizioni.


Titolo 3 – PARTE COLLINARE

Cartografia parte collinare.
Per i motivi di seguito illustrati, è opportuno delimitare ed individuare più correttamente le zone a rischio idrogeomorfologico ove sono presenti da tempo edifici e ambiti urbani consolidati, per consentire gli interventi ammessi dal PRG vigente (anche in coerenza con le prescrizioni del D.M. 11/3/88 e della Circ. Reg.7/LAP).
La ridefinizione della delimitazione e della classificazione degli ambiti edificati per consentire gli interventi ammessi dal PRG vigente può anche essere eseguita con accertamenti geognostici da eseguire dai richiedenti titoli autorizzativi e da verificare in sede di rilascio dei provvedimenti.

3.1.1 Definizioni
p.ti 12 –13)
Classe III (C) - Sottoclasse IIIa1 (C).
L’assegnazione alla Classe III di porzioni di territorio per analogia con altre situazioni geologiche o geomorfologiche, non risulta conseguente al concreto e accertato livello di rischio (in cartografia è ricorrente la diversa classificazione in Classe II e III di aree confinanti con analoghe caratteristiche geomorfologiche).
Per operare con certezza normativa corretta e univoca, occorre estendere alla Classe II le aree edificate o non edificate ove non sono presenti e non sono prevedibili dissesti, anche in riferimento agli interventi eseguiti e documentati in archivio edilizio.

p.ti 14-15-16)
Sottoclassi IIIb1(C) - IIIb2(C) - IIIb3(C)
Per le aree edificate e in particolare per le aree in Classe IIIb3 ove sono compresi significativi ambiti urbanizzati, preso atto che la metodologia di studio per la Variante non ha consentito approfondimenti conoscitivi adeguati, si osserva che anche per queste sottoclassi è opportuno accertare eventuali assenti o limitate condizioni di rischio per assegnare alle aree edificate la Classe II e ammettere gli interventi previsti dal PRG.


3.1.2 Disposizioni specifiche
Per la consistenza rilevante del territorio collinare edificato classificato in Classe III, la stessa norma ammette per definizione variabilità delle condizioni di rischio o pericolo presunto.
Come osservato in precedenza occorre accertare le reali e concrete condizioni di rischio e assegnare alla Classe II le porzioni di territorio ove sono compatibili gli interventi sul patrimonio esistente anche di limitato ampliamento e completamento consentiti dal PRG.

Risulta incoerente la stessa possibilità di intervento per opere pertinenziali (anche consistenti quali garage pertinenziali) o locali tecnici ammessa per le Sottoclassi IIIa e IIIb3 previo studio geotecnico. Con adeguate cautele e con accorgimenti geotecnici la norma dovrebbe consentire anche interventi di nuova costruzione (come definiti dal DPR 380/2001) non limitati alla ristrutturazione e nell’ambito delle previsioni di PRG vigenti.

3/02/06